2005-12-23 / La Stampa / Paolo Gallarati
Lo stile superbo di Angela Hewitt per un Bach controllato e fantasioso
Preceduta da molta fama, decorata con numerosi premi tra i più prestigiosi, è giunta dal Canada la pianista Angela Hewitt, ospite al Lingotto dell’Unione Musicale. Diciamo subito che ha tenuto uno dei concerti più impressionanti della stagione. Cominciando con Bach, sua specialità, di cui ha eseguito cinque Preludi dal “Clavicembalo ben temperato” e la “Suite francese in sol maggiore, n.5”, ha mostrato uno stile superbo. Il suono è cristallino, la polifonia limpidissima nella sovrapposizione delle voci ma, a differenza di altre famose interpretazioni, il suo Bach non ha nulla di meccanico, di algido e gratuitamente funambolico: la costruzione si risolve sempre in espressione. Se Bach è ormai uscito del repertorio delle orchestre sinfoniche perchè viene eseguito quasi esclusivamente dai complessi dotati di strumenti antichi, i pianisti non lo hanno mai ceduto del tutto ai clavicembalisti. Questo perché la scrittura di Bach per strumento a tastiera e così ricca e complessa che solo sul pianoforte può esprimere tutte le sue qualità profetiche: l’Ottocento e il Novecento hanno continuato ad abbeverarsi a quella fonte che, solo quando sgorga dalla cassa del pianoforte, mostra la sua ricchezza inesauribile. La Hewitt lo suona con questa intenzione, senza forzature, in modo molto controllato eppure sempre fantasioso. Si veda l’uso del rubato: discretissimo, ma quanto efficace! L’elasticità, anche minima, nella scansione del tempo basta per rendere un respiro, un indugio, un fremito di vita, senza mai rompere la continuità e la logica del discorso. Questa avventura dell’intelligenza, della tecnica e della sensibilità è proseguita in Chopin (Due Notturni op. 62) e in Ravel (Le Tombeau de Couperin), per la gioia del folto pubblico che ha ottenuto, fuori programma, ancora due pagine di Chopin e dell’amatissimo Bach.