Recital in Rome

2010-06-02 / Italia Sera / Riccardo Cenci

Angela Hewitt: La nobildonna del pianoforte

Angela Hewitt ha l’aspetto elegante di una nobildonna di altri tempi, la figura slanciata e l’espressione cordiale e sorridente di un’artista capace di trasmettere al pubblico il piacere del far musica. Particolarmente stretto il legame che unisce la pianista canadese all’Italia, evidente nella decisione di fondare un festival nel cuore dell’Umbria, dove ama risiedere. La sua esibizione per l’Istituzione Universitaria dei Concerti è un regalo inatteso, a sostituire l’Hilliard Ensemble bloccato alcune settimane or sono dalla nube del vulcano islandese. Un ritorno inaspettato e particolarmente gradito, che peraltro chiude una stagione ricchissima di interesse, un’occasione per celebrare i due compositori dei quali ricorre quest’anno il bicentenario della nascita, ovvero Schumann e Chopin. La Hewitt non si lascia travolgere dalle pulsioni romantiche presenti nella Sonata op. 22 del compositore tedesco, mantenendo un controllo costante del suono. Ugualmente esemplare nel coniugare rigore e profondità espressiva l’esecuzione delle opere di Chopin, a partire dalla celebre Sonata op. 35, alleMazurche, ai Valzer ed ai Notturni. Ne scaturisce un ritratto per nulla esangue del grande polacco, intenso e ricco di pensiero. Apriva la serata la Suite francese n. 5 di Bach, autore sul quale la Hewitt ha costruito gran parte della propria fama. Improprio e fuorviante qualsiasi paragone con Glenn Gould, un classico abusato dalla critica musicale, suggerito dalla comune nazionalità e dalla quasi esclusiva predilezione per il genio di Eisenach. Detto questo, il Bach della Hewitt è comunque notevole, caratterizzato da una chiarezza espositiva che non sacrifica la densità concettuale della scrittura, veicolando in chi ascolta il valore di una musica che contiene in sé tutte le sfumature dell’espressione, dal senso della gioia e del movimento alla spiritualità più profonda.