Chamber concert in Trieste

2008-01-16 / Il Piccolo di Trieste / Claudio Gherbitz

Ottimo l’affiatamento con il violoncellista Daniel Müller-Schott nel recital per la Società dei Concerti

Entusiasmo per la pianista Angela Hewitt al Rossetti

Serata di alta temperie musicale e dagli esiti felici come da copione l’altra sera al Politeama Rossetti per la Società dei Concerti, con la convocazione per l’apertura del nuovo anno della stessa formazione cameristica, violoncello e pianoforte, con cui si era chiuso il precedente.
In dicembre interessi e curiosità confluirono sul violoncellista Enrico Dindo, stavolta sullo strumento a tastiera, il fido «Fazioli» affidato ad Angela Hewitt, pianista che dappertutto, ma qui in particolare e fin dalle prime apparizioni, si è conquistata ammirazione e simpatia.
L’artista canadese, oltre ad essere una musicista a tutto tondo ed avere personalità da vendere nelle apparizioni quale solista, ha naso anche nello scegliersi i partner con cui fare musica d’assieme. Come constatato dal pubblico al primo contatto con il violoncellista tedesco Daniel Müller-Schott, un nome presente da tempo nel circuito concertistico, almeno dal 1992 allorché vinse, appena quindicenne, il Concorso Ciaikovski di Mosca.
Quattro anni fa a Stoccarda, eseguendo il Doppio Concerto di Brahms, fece un figurone accanto ad una violinista di rango quale Julia Fischer. La Hewitt, presente in sala, appassionata collaboratrice di cantanti e di strumentisti ad arco, ne rimase colpita e immaginò che sarebbe stato il violoncellista ideale per costituire un duo. Dopo due anni, in un incontro a New York, vennero gettate le basi per un sodalizio che, sul piano musicale, va d’amore e d’accordo: per continuità della sorgente espressiva, per mobilità d’atteggiamenti, per l’accuratezza del fraseggio e luminosità del cantabile.
Del giro del mondo con Bach in corso di svolgimento da parte della Hewitt (che questa sera è attesa in concerto al Comunale di Monfalcone), nel programma è rimasta traccia con due delle tre Sonate scritte dal musicista di Lipsia per viola da gamba e cembalo.
Dalla prima è scaturita un’ombra di perplessità sul timbro, di per sé non proprio tornito e caldo, del violoncello, uno strumento d’artigianato veneto antico tre secoli. La sapienza strumentale sfoggiata da Müller-Schott è da «numero uno», lo sarebbe in assoluto con un suono più affascinante.
Con Bach non ci si aspetta sempre di trovare tutti d’accordo, importa esser messi di fronte a qualcosa di legittimo e di interessante. Tali sono apparse le Sonate offerte in avvio di serata e in apertura della seconda parte, ma ancora meno attaccabile è stata l’esecuzione della Sonata in sol minore di Beethoven, per l’amplificazione dinamica senza appesantire il tessuto, per la vivacità dei dettagli, per la tensione dell’assieme. Stessi pregi emersi dalla Sonata di Franck, determinata, intensa e senza indugi decadentistici, tale da rendere giustizia piena alla densità compositiva della celebre pagina, scritta originariamente per violino ma corteggiata nella sua versione per violoncello.
Applausi fitti hanno accolto tutte le esecuzioni, entusiasmo a fine serata fino al delizioso «Cigno» di Saint-Saëns offerto quale fuori programma.